domenica 29 novembre 2009

Il vuoto

é uno stato d'animo, un turbinio di pensieri difficile da concretizzare in una sequenza di parole. Il solo analizzare e ordinare i concetti sminuisce la loro intensità e la loro portata. è un'arte saper parlare di certi argomenti trasmettendone il sentimento.
è una melodia in sottofondo, dolce, quasi impercettibile: di solito la quotidianetà la soffoca con i suoi rumori, gli appuntamenti, i viaggi, il lavoro, gli amici. Ma lei suona sempre, anche se non la si ode. E solo quando ci fermiamo, ci guardiamo allo specchio la sentiamo ed il suono ci stordisce, paralizzandoci. è la vita. O meglio, il senso della vita. Di più: il vuoto della vita.
Io credo che la libertà debba essere presa a dosi. Troppa libertà fa decisamente male. Il solo volgere lo sguardo verso il possibile senza il minimo freno fa sprofondare l'animo in un abisso buoi, senza suoni, senza appoggi dove nessun equilibrio può salvarci. Avere in mano la propria vita e poterne disporre come si vuole è una libertà che può paralizzare. Quando tutto è possibile allora niente lo è. e tutto perde di senso, perchè uguale senza un vero significato. Mi riferisco sopratutto al viaggio, ad una casa. Quando si sceglie di andarsene di casa tutto il mondo lo è. e questa vastità per la mente umana, ancora tropo fragile, è inconcretizzabile. Senza un senso, uno scopo tutto perde colore, peso e sostanza. La miriade di possibilità diventa allora un elenco freddo di luoghi e azioni in cui la nostra presenza o assenza non cambia nulla. Io di fronte a questo precipizio mi sento piccolo e impotente. Mi sento vuoto, con le mani aperte ma che non stringono niente perchè niente di quello che ho potrebbe colmarmi. Ma ecco che si riprende a lavorare, ad uscire e la melodia si spegne, il vuoto sparisce. E ci si dimentica, come se fosse stato un sogno passeggero. Niente di più falso. è tutta un'illusione. Nel momento stesso in cui ci si pone certe domande, ci si confronta con certe tematiche l'unico modo per non impazzire vista l'impossibilità di avere una risposta è il dimenticarsene. Lasciare le domande nello sgabuzzino a impolverarsi. Ma il fatto stesso di porsi certe domande è forse un'illusione: è la naturale risposta delle nostra mente razionale che cerca di completare il puzzle giorno dopo giorno. Un puzzle che fin dalla sua nascita forse non ha soluzione, non ha tutti i tasselli.
Il mio problema forse è che la mia vita non si svolta secondo (per lo meno neglil ultimi anni) un concatenarsi di eventi e persone quanto più a salti. Dopo ogni salto ci si ferma e si deve decidere in che direzione andare. Qui entra il disorientamento. In realtà la pura possibilità ovviamente non c'è per ragioni oggettive come il denaro, il tempo, la fattibilità anche se i suoi confini rimangono oltre il nostro orizzonte. E allora sogno di lavorare in America, di navigare per i mari greci, di stare in un pub scozzese oppure viaggiare nella giungla filippina. A pensarci bene tutto è possibile. L'unico limite è la nostra mente e una forte dose di decsione per abbattere quelle barriere mentali che ci legano alla nostra vita quotidiana. Parlo di quel "senso comune" di obbligo che abbiamo di avere una vita ponderata, di avere un buon lavoro, di metter su famiglia, uscire con gli amici...tutti, cinicamente, vincoli che di fronte all'idea di un avventura ci fanno desistere.
La vita di per sè non ha proprio senso, siamo noi a darglielo e questo è risaputo. Se confrontiamo noi stessi con l umanità nei secoli scorsi scopriamo che siamo gli essere umani più libero della storia. Eppure la vita dovrebbe essere la stessa per tutti, in tutte le ere. Mi sembra strano che io possa essere più felilce in principio di tutte le generazioni che mi hanno preceduto. La vita come la conosciamo non è altro che il frutto della società e della sua evoluzione. Studiare, giocare, lavorare, divertirsi, viaggiare, leggere, fare famiglia sono costrutti nati con l organizzazione in società. L essenza della vita e le sue possibilità sono quindi disconnesse perchè alla fine la base è sempre la stessa. Si esiste perchè accade. Tocca a noi poi decidere cosa fare. Spesso succede che tutto è concatenato, è la naturale successione di scelte e conseguenze. Il problema nasce quando ci fermiamo e ci guardiamo intorno. La catena si spezza e l equilibrio scompare. Allora si deve ritornare alle origin e capire che ciò che da senso sono le piccole cose, le cose semplici. Tutto il resto è addobbo, fine a se stesso, inconsistente. Lavorare, conoscere, amare, viaggiare presi alla loro radice, nel cuore del loro significato possono riempire il vuoto. Come, quando, dove sono solo dettagli a cui spesso si dà troppo significato.

sabato 4 luglio 2009

L'orologio sopra la nostra testa

Pensavo di non avere più bisogno di scrivere su questo blog. Pensavo di aver quietato i miei pensieri. Ma l'orologio non si ferma mai, scandisce sempre il tempo. E' un'immagine dura, cruda, di quelle a cui non vooresti pensare perchè ti angoscia, ma è puramente la realtà. Tutti noi abbiamo un limite di tempo, siamo su questa terra provvisoriamente. E' incredibile come io, la mia anima, il mio IO sia nato in questo tempo, in questo luogo e non in un'altro. Di tutta la storia del genere umano io sono nato in questo periodo, ed ho a disposizione una vita da spendere in concomitanza con altre persone a cui è capitato (parola rischiosissima da usare) di nascere anchesse in questo periodo della storia. Tic tac tic tac...è inesorabile il tempo, è il solo "fenomeno" naturale che non possiamo fermare, ne rallentare. Sopra le nostre distratte teste c'è un orologio che imperterrito, secondo dopo secondo, ci consuma, ci segnala come stiamo invecchiando. Quando l'orologio si fermerà non ci è dato sapere. Questo è il problema. Viviamo tutti intorpiditi nel'abitudine quotidiana, nel relax mentale che vivremo per sempre, che al massimo moriremo vecchi nel nostro letto di casa. Come siamo bravi a mentire a noi stessi, come siamo ingenui nel cullarci nei nostri sogni. Ma in che altro modo si protrebbe vivere d'altronde? Una consapevolezza costante della nostra mortalità forse ci manderebbe fuori di senno, creerebbe il caos. Ma dosata riorganizzerebbe i nostri schemi, torcerebbe la nostra percezione. Ma non è finita...quand'anche la mente si aprisse ad un nuovo orizzonte rimarrebbe l'impossibilità di controllare eventi, persone e sentimenti. Perchè se più che stupirci di quanto tempo sia passato ci concentrassimo sul tempo che deve ancora venire, allora vorremmo usare quel tempo, che ha solo un nome, Presente, nel migliore dei modi. Il non sapere quando il pendolo si fermerà è ua spinta irrefrenabile a condensare la nostra vita, a renderla pregna e straripante. Ma ci ritroveremmo ad essere uno contro un miliardo. La gente in genere non pensa in questi termini, e anche se lo facesse si rilasserebbe e continuerebbe a vivere come sempre a fatto, me incluso. Una volta consapevolizzato il concetto, esso non dovrebbe essere angosciante, non dovrebbe assillarci ma far parte delle nostre considerazioni, ogni volta che facciamo una scelta. Dovremme sostituire questo concetto con la pigrizia, con la comodità, con lo status quo, con ogni forma di pietrificazione della nostra vita. Pensare troppo fa veramente male...quanto vorrei essere nato più spensierato, più ignorante...

sabato 11 aprile 2009

La mia FIlosofia

Tra le mille cose che vorrei fare ed imparare (e che poi mai faccio) c'è la filosofia: quella stessa tanto disprezzata al liceo si presenta ora come possibile fonte di risposte o spunti per domande che solo adesso sento mie. Mi piacerebbe saperne di più sopratutto per confrontare e vedere le mie idee, per capire in quale corrente mi ritrovo. Sarebbe così meno solitario più confortato il mio pensiero...

Io credo che l'uomo, nel senso di ognuno di noi, sia capace di cose incredibili e di rendere la propria vita unica. Al di là di ovvie "complicazioni" certo, quali disgrazie ed aspetti materiali (soldi e salute inclusi). Queste situazioni meriterebbero un discorso a parte ma credo cmq rientrino offside nel mio.
Il primo passo del nostro cammino dovrebbe essere quello di capire chi siamo: che carattere abbiamo, come rispondiamo agli eventi, come ci relazioniamo, che emozioni sono più o meno intense in noi stessi. Dobbiamo metterci alla prova per questo, dobbiamo imparare, e questo non finisce mai. Dobbiamo sopratutto capire noi stessi slegandoci dalla società, cioè dai clichè in particolare: noi siamo tutti unici, e la cultura di massa, dei media, tende a farce credere in uno stile di vita e in valori piatti, sterili perchè omologati. Noi dobbiamo distaccarci da tutto questo, come avere una telecamera puntata sulla nostra testa 24h al giorno. Solo così possiamo capire i nostri intrinseci bisogni, le nostre paure, le domande che abbiamo. Dobbiamo diventare individualità che si relazioniano sia con altre individualità sia con la massa. Il confronto con la massa quando è accompaganto dalla consapevolezza personale cementifica il nostro io: non irrigidisce ma conferma ciò che siamo, con i nostri difetti e pregi. La consapevolezza è tuttavia necessaria per creare fiducia ad autocritica e non venire travolti dalla filosofia della massa che contando su migliori public relation si presenta come un gigante. Il confronto con altre individualità invece ci arricchisce: ci fa scoprire lati che noi ad es non abbiamo ma altri sì, e così completiamo il puzzle, non da soli ma insieme, unificando le esperienze d molti. L'incontro con altre individualtà non è tuttavia molto frequente....
Una volta avviato il processo di autoconoscenza dobbiamo sonare, spalancare le porte della nostra mente e del nostro cuore, lasciandosi alle spalle dubbi, paure ed insicurezze (forse questo è il punto più difficile). Lasciamoci andare, siamo noi stessi per quello che siamo e basta. Ricerchiamo ed amplifichiamo le nostre qualità, compensiamo le nostre debolezze, non facciamoci limitare da niente al mondo.
Un individuo è fatto di carne, mente e cuore. Ascoltiamoli tutti e tre. Curiamo il nostro corpo, mettiamolo in salute e alleniamolo. Cibiamo la nostra mente di nuove idee, nuove esperienze, lasciamola vagare nell'infinito spazio delle possibilità. Apriamo il nostro cuore a tutto ciò che è vero e sincero. Io voglio piangere, soffrire, ridere, amare, vincere, capire, creare, suonare, stancarmi, perdere, essere geloso, affamato, stanco, felice. Io sono capace di provare ed avere tutto ciò, basta solo che apra me stesso alla vita.
La vita....devo ancora capire però dov'è il limite tra sforzi personali e opportunità della vita. Perchè spesso la vita è piatta, triste, senza senso...ma lo è veramente o siamo solo noi che ci stiamo rilassando troppo?
Ora questa idolatria della individualità non è contrapposta alla solidarietà, ci mancherebbe! La solidarietà è inclusa nelle esigenze e nelle aspirazioni dei singoli individui ad un prio livello, mentre ad un secondo livello essa fa parte della autoeduczione che la socità si impone. Noi siamo Uno ma facciamo parte del Tutto. Noi senza gli altri non esisteremmo.

Il cammino per questa filosofia è lungo e difficile, forse anche impossibile, chi lo sa....mo penso vala la pena spendere una vita alla sua ricerca.

domenica 5 aprile 2009

La Scelta

Credo che esistano persone che riescono a controllare meglio e più di altri la propria vita: queste persone sanno (o non sanno) quello che vogliono, dove vogliono arrivare o più semplicemente di cosa hanno bisogno per stare bene. Queste sono persone che scelgono.
Da quando sono andato via di casa, da quando mi sono slegato da tutto ciò che avevo ( non ho rotto il legame, solo allentato) sono entrato in una nuova situazione. Vivere dove si è nati è come correre in un corridoio stretto pieno di mobili: non c'è spazio, non ci si muove liberamente, bisogna adattarsi alla stanza ed agli ostacoli. Slegarsi allarga il corridoio. Niente più vincoli, niente più spazi stretti. Le difficoltà rimangono, quelle non si possono evitare ma noi siamo più liberi. Liberi dai soliti giri di amicizie e luoghi dove andare, liberi dai soliti modi di pensare, dagli schemi in cui la vita di provincia ti chiede di adattarti. Io ho fatto la scelta, la mia. Io non so però dove sto andando. La mia meta non è definita. Mi curo, sbagliando, più di come voglio essere e cosa fare nel presente che nel futuro. Ma sto scegliendo e più lo faccio più sento non tanto di avere il controllo ma di avere un ruolo attivo nella mia vita.
Ma una scelta importante presuppone una motivazione importante, ed a fronte delle molteplici soluzioni, anche una precisa base di giudizio. La motivazione è rendere la mia vita sempre migliore, sia per il lavoro che per le esperienze e le persone. Il mio giudizio è semplicemente fare la cosa più giusta per me. Sembra una banalità ma dio sa quante volte ho messo davanti a tutto "la cosa migliore" in senso assoluto anzichè in senso relativo. Per chè ormai ho capito che tipo sono. Mi taglierei una gamba prima di realizzare che non posso fare determinate cose: la colpa la imputerei sempre a me, alla mia presunta negligenza. Non sarebbe forse figo andarsene a vivere in Giappone? Ma come fai con la lingua, con una società così diversa, con dei vaori così diversi? No problem, dammi un pò di tempo e mi adatto, mi muovo, imparo e cercherò di fare del mio meglio. Non importa se mi sento un estraneo, se mi sento solo, disorientato, e dubbioso. Significa solo che non mi sto impegnando abbastanza. Questo è l'errore che ho fatto spesso. Perchè facendo una scelta, per quanto possa sembrare attraente non consideravo che non essere cmq la più adatta a me. Perchè è quello che conta. Io so di poter andare in Giappone, e di crearmi una vita, imparare la lingua e pure il JuJitsu. E sarebbe un'esperienza incredibile. Ma non è quello che mi serve veramente, quello di cui ho bisogno. Sta diventando la mia massima ormai. <>.
E fare una scelta impone un cambiamento, che non deve lasciare dubbi. Perchè stai cambiando? sei insoddisfatto di quello che avevi? Hai fatto veramente tutto per migliorarlo? Sopratutto a quest'ultima domanda dovremmo rispondere senza esitazione per far si che la nuova scelta di dispieghi nella maniera più ampia possibile senza avere strascichi derivanti dal passato.
Io non voglio stare seduto a guardare, io voglio partecipare, voglio muovermi, correre, voglio andare incontro agli eventi. Qualunque cosa succeda, qualunque conseguenza debba affrontare. Ecco perchè scelgo. Ecco perchè voglio tornare in Italia.

sabato 14 marzo 2009

LaTristezza

E' il mio male, il mio cancro. Fa però parte di me, me la porto dentro, cerco di non ascoltarla ma torna sempre, perchè è in me. Lessi una volta della malinconia. E lessi ancora e ancora. E ogni cosa che leggevo rispecchiava esattamente quello che provo. Prima o poi dovò leggere un saggio a riguardo. Forse sono malinconico, forse solo pessimista, forse ho solo poca fiducia. O forse mi sento semplicemente solo. Perchè non c'è niente infatti che mi butti giù come la solitudine.
L'esempio più frequente!? Un sabato sera in casa o una domenica pomeriggio buttata perchè non sn riuscito a trovare niente da fare. Magari tutti erano occupati, altri impegni o niente che mi andasse lontanamente a genio. in questi momenti scatta un meccanismo masochistico: comincio a pensare che è colpa mia, che non mi sono dato abbastanza da fare, che sto sbagliando qualcosa, che non ho un legame particolare coi miei amici, e che quindi sono solo. Ed è colpa mia. Perchè non ho saputo stabilire buone relazioni o perchè sono troppo selettivo. Non so se gli argomenti sono veri o solo semplici scuse per nascondere un malessere generico. Stasera per esempio sono stanco, non ho dormito molto dopo la serata di ieri e non trovando nessuno disposto ad andare al cinema sono rimasto in casa. Si, certo potevo andare a qlche festa con amici ma non me la sento per la stanchezza. Eppure incolpo me stesso: arrivi addirittura ad avere la sensazione che sto buttando via la mia vita. E' solo una serata persa, ma ho il terrore che questa mancanza possa nascondere un mio atteggiamento che rende la mia vita poco piena. Non fa paura quello che vediamo, per quanto possa essere orribile: è molto più terrificante quello che si nasconde alla nostra vista.
Per fortuna ho cominciato a scrivere. Mi aiuta a equilibrare la mia tristezza.
E' che mi sento solo. Come perso in un deserto sterminato. Non è l'essere solo in se stesso, ma il fatto di non sapere dove andare, e di non avere nessun riferimento. La mancanza di riferimento, di un appoggio, di una controparte che condivida la mia situazione mi fa sprofondare in un limbo di domande e dubbi sulle mie scelte. Il non sapere se questa o quella è la scelta giusta, se questo o quell'atteggiamento va bene o no mi fa totalmente perdere la bussola. Ma questa è la vita, no!? Ognuno la vive in prima persona, quindi lui solo sa ciò che è giusto o sbagliato per se. E' che ho in mente uno stil di vita, che non riesco poi ad avere nella realtà. Serate piene di amici, viaggi, impegni e attività da ricordare ogni weekend, incontri indimenticabili, amori intensi...questa è la vita che vorrei...ma è lontana anni luce da quella che ho. Colpa mia!?

"La malinconia è la gioia di sentirsi tristi" dice V.Hugo...Wikipedia poi commenta così: "...Si potrebbe definire come il desiderio, in fondo all'anima, di una cosa, di una patria, di una persona mai conosciuta o di un amore che non si è mai avuto, ma di cui si sente dolorosamente la mancanza. La malinconia si può manifestare in espressioni del viso, in un sentimento di tristezza che può durare anche una vita...". Ed è proprio quello che sento. Ho letto anche di un dottore che affermava che la società moderna del benessere accentua l'emarginazione dei malinconici, nonostante la loro "affermata" presenza anche tra artisti. La tristezza, è impopolare, causa disagio: nessuno la vuole e ne vuole sentirne parlare. Buffo era l'esempio di chi alla domanda "Come va?" risponde sempre "bene" anche se non è vero. E a chi non è capitato!?

Io continuo ad andare avanti cercando di capire i miei errori, di non lasciarmi mai andare nonostante i periodi bassi. Spero solo un giorno di smettere di avre tutti questi pensieri e vivere serenamente, sapendo prendere le situazioni per quelloche effettivamente sono. Spero un giorno di avere la vita che desidero.

giovedì 5 marzo 2009

Il Senso

Il senso è qualcosa che abbiamo perso lo scorso secolo e che non sappiamo più in quale cassetto abbiamo messo inquesto secolo. L'immagine, l'attenzione momentanea, la soddisfazione immediata e online dei piaceri ha oscurato il vero senso delle cose e della vita. I media, l'industria, l'elettronica e perfino la musica spesso sono piccole dosi di soddisfazione che ci fanno diventare sia dipendenti che insaziabili. Ciò che placa i nostri senso non è un "poco ma intenso" ma tuttalpiù un "innumerevole e sciaquo". Basti pensare alle innumerevoli band presenti nel panorama rock una serie infinita di copie di copie le cui minime variazioni interessano una minoranza ristrettissima di individui. La ricerca della qualità, del bello assoluto, di una forma d'arte immutevole rispetto al tempo è ormai storia. Concepisco i cambi di moda, ma non capisco come dai greci fino al barocco si è cercato sempre di raggiungere lo stile massimo per poi decadere nel 21°secolo ad una sorta di arte popolare. Sia chi propone e sopratutto chi cerca ha un così basso livello di aspirazione che si accontenta di un minimalistico dettaglio di novità per "creare qualcosa di nuovo"...Il senso in questa innumerevole espressione di forme è vago, è perso, è assente. Perchè il senso è una cosa semplice, non ha bisogno di fronzoli, di coreografie o accattivat slogan. E' sempre quello, in qualunque tempo, dovunque. E' assoluto, così come lo sono i desideri dell'anima umana. Oggi invce è stato relativizzato. Non sapevo che Einstein fosse così di moda. Ma, relativizzare tutto significa abbandonare ogni punto di riferimento, perdere i confini e le distanze, non sapere dov'è più ne il bello ne il brutto. Il senso, quello vero invece, è un faro: una volta avvistato dove altro dirigersi se non verso di lui. Il problema è saperlo vedere, volervo vedere e saperlo riconoscere. Quest'ultimo, fiducia mia, penso sia facile: sempre che il nostro cuore non sia aggrovigliato da mille incertezze, ma sia puro e libero di aprirsi. Lui lo vedrà, non la nostra mente. Saperlo individuare e volerlo fare sono invece due attività che la società di oggi sta perdendo e anzi sta proprio andando in senso contrario. Avete notato come nelle pubblicità quando fanno vedere una pensiero veramente profondo,(mi viene in mente lo spot telecom con Gandhi) la cosa risulti accattivante? Proprio perchè è inusuale!
Immaginate un palazzo enorme, con statue d marmo, decorazioni in cotto, rifiniture dorate, arazzi, affreschi vivaci e candelabri di Murano: questo è il senso delle cose PROPOSTO. Variegato, sfarzoso, in una parola, "figo". Sapete qual'è il vero senso per me!? Il palazzo che crolla e mostra alla sua base , una solida piramide. Niente di più semplice, ma niente di più solido. Persino in fisica le equazioni troppo complesse hanno sempre fatto storcere il naso ai più grandi teorici. Il senso...

Il senso dell'amore, il senso del tempo speso, il senso delle nostre azioni, il senso dei nostri pensieri, delle nostre parole, del nostro lavoro, di quello che vediamo, ascoltiamo e percepiamo. Il senso è verità marmorea. Se non è forte, denso, se non è lui che muove le nostre passeggere vite allora cosa stiamo facendo? Quanto vale la pena morire per un ideale!? quanto vale la pena inseguire un sogno!? Il senso definisce i confini dell'importanza, cattura l'anima, screma tutto il surplus che abbiamo, toglie dalla fitta nebbia ogni dubbio e ci fa vedere la luce. Invano camminiamo a caso giorno dopo giorno guardardoci intorno forsennatamente. Vedere il senso significa camminare in linea retta con passo deciso e senza incertezze.
L'interiorizzazione, la consapevolezza e il coraggio sono le basi per compiere questo viaggio. Il problema maggiore, che invece la società di oggi ha risolto al tal punto da farlo diventare il nuovo scopo, è la presenza dei tempi morti. Non si può, o almeno non credo si possa, vivere un'intera vita rivolta lla ricerca della verità. Richiede un notevole sforzo intellettuale giorno dopo giorno, dedizione, costanza e pazienza. Qualità pregievoli ma molto rare. L'uomo è molteplice nella sua unità. Ha sia bisogno della mutevolezza quanto della imperturbabilità. L'una non esclude l'altra, ma si compensa. Quanto è universale la legge dell'equilibrio. Ma chi stabilisce i pesi? L?individuo? o la società? una vita mutevole è appunto priva di significato, mentre una vita imperurbata è distaccata, quasi apatica. Tuttavia i tempi morti in quanto noiosi, apparentemente privi di senso VANNO colmati. E qui nascono le innumerevoli cazzate prodotte dalla società moderna: il grande fratello, la playstation, i giochi online, i fumetti (non tutti), i film ecc. Sono i passatempi...solo ora capisco perchè Schopenhauer ce l'aveva a morte con le carte...Il senso non permea la vita: la trapassa per brevi istanti e poi scompare finchè lo cerchiamo ancora. Ma la ricerca richiede tempo e dedizione, pazienza. Se questi sacrifici non valgono più la pena ecco che allora il passare il tempo diventa una esigenza, non più in vista di un più nobile scopo da seguire ma solo fine a se stesso. L'equilibrio invece ci impone di mescolare frivolezza, il piacere di vivere e di abbandonarsi con la ricerca di una più alta meta, del compimento di uno sforzo, della valorizzazione di una vita. Una vita senza senso non vale la pena di essere vissuta: ma bisogna conoscere i piaceri per sapere perchè vale la pena vivere. Soddisfa il corpo e la mente. Equilibrio e verità. Il senso. Di tutto.

domenica 1 marzo 2009

Viaggiare

Viaggiare è sicuramente una delle cose più belle della vita. Comporta però vantaggi e svantaggi e dipende molto dalle motivazioni per cui lo si fa. Io ho cominciato a lavorare all'estero sia per entrare in realtà lavorative che in Italia sn poco sviluppate sia perchè volevo andarmene dal mio piccolo paesino di provincia. Qui il viaggio è inteso proprio come cambio di vita: io non sono ne in vacanza, ne in erasmus, ne intrasferta. Io vivo dove sono. E' stata la scelta migliore che abbia mai fatto nonostante tutte le ripercussioni subite. Quali?

-nessun vero amico
-contrasto tra culture
-futuro mooooolto incerto

La prima è ovvia, se vai i nun posto nuovo non conosci nessuno e non essendo del luogo si fa fatica ad allacciare relazioni: DIpende molto da se e dalla fortuna. Quanti amici venuti dall' Uk o dalla Germania avete? Non è un problema se non parlano italiano?
La seconda pure ovvia...l'Italia è ricca di cultura ad alti livelli dovunque...noi ci siamo in mezzo ma non ce ne accorgiamo neanche. Il cibo, l'igiene, la cultura media, il tipo di relazioni, il divertimento. Se da un lato ci sono pecche non sono ancora riuscito a vedere uno stile di vita meno equilibrato del nostro.
Il terzo punto è il fondamentale. Lì è la chiave del significato del viaggiare. Perchè si viaggia? Dove stiamo andando? Quando ci fermeremo? Chi o che cosa ce lo farà fare?
Molti hanno scritto che il più grande viaggio è quello interiore: nient di più vero, ci credo femamente. Quello che vediamo a Bali, Honk Kong, Kabul, New York, Roma sono solo belle immagini. Vedere città, parchi, monumenti, locali, eventi è come un passatempo. Quello che ci arricchisce è il contrasto: vediamo realtà diverse dalla nostra, ne vediamo i difetti, le sfumature le distorsioni. Da lì, se abbiamo un mente aperta e spirito critico possiamo imparare a vedere le cose da un nuovo punto di vista, cancelliamo il punto di riferimento, i nostri dogmi imposti dalla nostra routine e li sostituiamo con nuovi, più ampi, più flessibili. Questa è la vera essenza del viaggiare e dell'imparare dalle altre culture. La nostra consapevolezza aumenta, il nostro criticismo si articola, il bello e il giusto cambiano riferimento.
Ma il viaggio interiore può essere fatto ovunque, anche al nostro paesello, è solo più difficile. La routine, le abitudini, la chiusura mentale fiaccano lentamente la nostra voglia di cambire e sperimentare. Si esce con i soliti amici, si fanno le stesse attività, si va nei soliti posti. E' buffo come farsi 200km in macchina una domenica per fare una gita siano decisamente troppi mentre quando sei all'estero non esci il sabato per prendere il treno alle 6:20 ed essere a destinazione dopo 3 ore...
Il viaggio in sè comporta contraddizioni: quando si è fermi ci si vuole muovere, quando ci si muove troppo vogliamo una pausa. E' l'infinita ricerca di un equilibrio stabile/instabile. E' che mancano riferimenti. Senza i soliti riferimenti, senza qualcuno o qualcosa che ci attragga o respinga noi siamo abbandonati alla nostra sola scelta. Avere le idee chiare in un tale contesto è fonadamentale per non perdere la testa. Purtroppo a volte mi capita. Non ho idea di dove sto andando, il futuro non è mai stato così incerto da quando ho varcato il confine: l'unica cosa che mi tiene in piedi sono le mie scelte. Io sono qui per volere mio. Mi sposterò per volere mio. So xè mi alzo ogni mattina xè ho fatto una scelta tempo fa. Ma quando i risultati, quando le aspettative vengono meno allora quella scelta diventa moooolto discutibile. E se la certezza manca, tutto quanto perde senso. Sarà che forse sono pessimista...forse solo malinconico.

Io sinceramente non so cosa voglia dire vivere di routine. Non mi ricordo neanche più cosa voglia dire avere una vita a ritmi "normali". Ho girato 3 stati in poco tempo. Il mio punto di vista quindi è distorto rispetto ad alcuni di voi, ma lo è per conseguenza, non per scelta.
 
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